Parla Castagnetti «Né Ppi né Margherita, il Pd sta cambiando pelle».

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«Né Ppi né Margherita, il Pd sta cambiando pelle». Parla Castagnetti

L’ultimo segretario popolare riflette sul mutamento in atto nel partito, sulla candidatura di Renzi e invita ad avere fiducia nella nuova classe dirigente che sta emergendo

«Né Ppi né Margherita, il Pd sta cambiando pelle». Parla Castagnetti

«Gli ultimi endorsement nei confronti di Matteo Renzi? Chi si sta schierando oggi si è accorto che il popolo del Pd è già andato lì». Il giorno dopo la clamorosa dichiarazione di Dario Franceschini («se Renzi lavorerà da segretario per innovare il Pd, tenendolo unito e non dividendolo, sono pronto a votarlo») Pierluigi Castagnetti, padre nobile dei cattolici democratici e ultimo segretario del Partito popolare, riflette con Europa sul significato delle nuove adesioni che via via, ormai quasi quotidianamente, stanno arrivando al sindaco di Firenze e sulle prospettive del Pd.

C’è chi dice che il Pd sta subendo una mutazione antropologica: gli ex Ds all’angolo e il partito che torna ad essere una sorta di Margherita o addirittura di Ppi.

Niente di tutto questo. Una comunicazione mediatica di questo tipo danneggia Renzi e danneggia il partito. La verità è che Matteo ha fatto saltare le appartenenze di provenienza. Non dimentichiamo che i primi a schierarsi con lui sono stati Piero Fassino, Goffredo Bettini e Debora Serracchiani. L’endorsement che ha travolto tutti è stato quello del popolo del Pd. Quelli di oggi sono la conseguenza di questa realtà.

Com’è potuto accadere che Renzi, di cui fino ad alcuni mesi fa si diceva che era capace di penetrare nel campo avversario, ma era vissuto come estraneo dalla base del suo partito, venga oggi acclamato nelle feste anche da vecchi militanti?

L’esito elettorale e soprattutto la gestione politica del dopo-elezioni hanno cambiato la percezione. Nella base si è fatto strada il timore della condanna a un ruolo politico di minoranza. Si è pensato: il Pdl era alla fine, ma a guadagnare è stato un nuovo movimento, quello di Grillo. Allora c’è qualcosa che frena le possibilità di vittoria del Pd.

Dunque il popolo del Pd ha superato la diffidenza nei confronti del sindaco?

Renzi ha colpito il cuore della nostra base, intercettandone l’ansia di cambiamento. In lui la base ha visto l’uomo che vuole tentare una strada nuova. Certo, ci sono tanti militanti ancora incerti. Capiscono che il Pd cambierà pelle. Renzi, però, si è reso conto in tempo che doveva recuperare il rapporto con la base. Non a caso adesso parla sempre dei “nostri delusi”. Prima diceva di voler conquistare i delusi del campo avverso. Ora vuole rimotivare e rimobilitare “tutti” i delusi.

Cosa sarà il nuovo Pd?

Io credo che dobbiamo avere fiducia. Nel Pd sta emergendo una nuova classe dirigente. Anche tra coloro che vengono da una cultura diversa da quella di Renzi e Letta. Mi riferisco a Gianni Cuperlo, di cui ho apprezzato il documento congressuale. Cuperlo ha saputo coniugare la densità, la sostanza politica con un linguaggio moderno, più libero e comunicativo. La ventata Renzi induce tutta la nuova generazione a mettersi in sintonia con un paese che è già cambiato.

Da cosa dovrà guardarsi Renzi?

Dalla fretta e dalla superficialità. Non dovrà dimenticare che il Pd rappresenta anche pezzi rilevanti della sinistra italiana. Dovrà guardarsi dal sottovalutare i dati di realtà. L’attenzione alla realtà è una grande dote di Enrico, la cui forza si sostanzia su una cultura di governo e non ideologica.

Come si metterà Renzi col governo e con Letta?

Un leader di 40 anni deve guardare avanti almeno 20 anni, altrimenti rischia di essere un fuoco fatuo. Se Matteo ha capito questo non potrà mettersi in contrapposizione a Enrico.

@mcolimberti