Renzi ‘Larghe intese ma anche no’

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‘Larghe intese ma anche no’

di Marco Damilano

«Non mi metto di traverso al governo, però l’accordo con il Pdl non può diventare un’ideologia. E basta anche con la tecnocrazia, europea o italiana. La politica deve restituire un po’ di speranza». Il sindaco di Firenze cambia marcia: guardando a sinistra e criticando l’esecutivo. L’anticipazione de ‘l’Espresso’ in edicola domani

(29 agosto 2013)

L’annuncio è ancora rinviato, il sindaco di Firenze aspetta che finalmente il congresso del Pd sia convocato con l’assemblea del 20-21 settembre per formalizzare la scelta con un evento speciale modello Leopolda, ma la decisione è già stata presa. Matteo Renzi si candiderà alla guida del Pd e in caso di elezione farà il segretario del partito.

Alla vigilia del suo ritorno in scena, alle feste del Pd di fine settimana, ‘L’Espresso’ rivela piani, strategie, alleanze, amici e nemici del sindaco di Firenze. La sua idea di Pd. E il rapporto con il governo Letta. «Il governo dura», prevede il sindaco. «C’è un unico elemento imponderabile, si chiama Berlusconi. Ma non ha nessuna convenienza reale a tentare la spallata. Poi, cosa farebbe?». E se Letta resiste, «al Pd resta una sola strada: fare il Pd. In questi mesi si è sentita solo la voce del Pdl sull’Imu, questione rilevantissima, per carità, ma non è l’unica cosa che interessa agli italiani».

«Non sarò mai io ad aprire una polemica o a metterlo in crisi, se c’è bisogno di un nemico, spiacente, non sarò certo io a interpretare questo ruolo. Mi metto di lato», ripete Renzi. Ma aggiunge: «Le larghe intese non possono diventare un’ideologia, come vorrebbe qualcuno, la politica deve restituire speranza». E poi: «Se il governo dura e fa le cose, e io spero che sia così, il Pd dovrà incalzarlo ogni giorno con una sua proposta. La legge elettorale su modello di quella dei sindaci, funziona benissimo. Oppure il taglio delle pensioni d’oro. Il governo Letta deve diventare il governo del Pd. E ogni giorno il segretario del Pd, chiunque egli sia, deve spingere perché il governo sia coerente con i suoi programmi».

Nel 2014 si voterà per le elezioni europee, quasi certamente Renzi sarà candidato. La riserva sulla sua candidatura alla segreteria non è ancora sciolta, ma il congresso per il sindaco non è la rivincita delle primarie 2012: «Basta con  la tecnocrazia, quella europea e quella esportata in Italia. Serve restituire dignità alla politica e dignità all’Italia in Europa, l’unico partito che può farlo è il Pd. Un Pd molto diverso da com’è ora, certo. Un partito della base e non del vertice della piramide. Un partito in cui le burocrazie di apparato contano meno degli amministratori locali. Il partito è di chi ha il consenso della gente e si misura con il governo. Un partito così non è leggero, anzi, deve essere più organizzato dell’attuale».

I sondaggi danno un Pd guidato da Renzi nettamente in testa sul Pdl. Nella mappa delle alleanze sono in avvicinamento sindaci e amministratori locali, da Debora Serracchiani a Virginio Merola a Piero Fassino. E la costruzione di un programma che parte dai risultati dell’amministrazione di Firenze: gli investimenti sul sociale e sulla cultura, gli asili nido che coprono il novanta per cento delle famiglie con la cancellazione delle liste di attesa, le più grandi aree pedonali di Europa. Il fattore R, l’incognita da risolvere nella politica italiana.