La Sir e Avvenire giudicano positivamente l’avvio del neopremier. E sul suo impegno per le riforme: “Sarebbe un errore sia frutto dell’ingenuità di un quasi quarantenne”

La Sir e Avvenire giudicano positivamente l’avvio del neopremier. E sul suo impegno per le riforme: “Sarebbe un errore sia frutto dell’ingenuità di un quasi quarantenne”

CITTA’ DEL VATICANO – “Il vero coraggio? Partire dalla scuole”. Piace all’agenzia di  informazione della Cei (Conferenza episcopale italiana), la scelta del neo premier Matteo Renzi di fare del rilancio della scuola uno dei capisaldi dell’azione del suo governo. Idea subito messa in pratica all’indomani del voto di fiducia ottenuto dal Parlamento con la visita odierna ad una scuola multietnica di Treviso (visite che continueranno per tutta la durata del suo mandato), ma annunciando il varo di un programma fatto di risorse destinate agli insegnanti e alla manutenzione delle scuole più a rischio.

Proposte subito raccolte favorevolmente dai vescovi italiani, sia dal quotidiano cattolico Avvenire diretto da Marco Tarquinio, sia dal Sir (Servizio informazione religiosa), l’agenzia dell’episcopato diretta da Domenico Delle Foglie che firma un editoriale di sostanziale appoggio ai primi passi compiuti dal giovane premier fiorentino, riconoscendogli di essere dotato di “vero coraggio” per aver scelto di voler far” partire” il cammino della sua coalizione governativa “dalla scuola”. Chiedendosi, però, dove il premier troverà le risorse economiche per attuare tutto il suo programma.

“È difficile  –  è l’esordio dell’editoriale – sostenere che Matteo Renzi non abbia coraggio. Certamente non bastano i suoi 39 anni a dare conto della voglia di metterci la faccia per cambiare il Paese. Il coraggio è una dote dell’umano che non si impara, soprattutto quando sulle spalle piovono responsabilità grandi. Quando la sfida riguarda il destino di un popolo intero, chiamato a rimboccarsi le maniche per tirarsi fuori dalla crisi economica e sociale più lunga dal Dopoguerra in poi”. “Tutto questo  –  avverte il Sir – ci fa dire che occorre prendere sul serio le parole e gli impegni del giovane presidente del Consiglio dei ministri. Sia quando afferma che ‘questo è il tempo del coraggio, che non esclude nessuno e non lascia alibi a nessuno’, sia quando con un pizzico di enfasi sostiene che “se questa sfida la perderemo, la colpa sarà mia”. Linguaggio giovanile? Beata incoscienza? “Difficile dirlo  –  risponde il Sir – di sicuro ci sembra di percepire, in questa nuova generazione politica, la consapevolezza della responsabilità. È la loro grande occasione per fare il bene dell’Italia. Dobbiamo sinceramente augurarci che, per il bene di tutti, facciano tutto quanto è necessario per togliere la ruggine agli ingranaggi che inceppano la vita del Paese. Non è voglia di nuovismo a tutti i costi. È piuttosto la drammatica consapevolezza che i tempi nuovi richiedono nuove sensibilità, nuove energie, nuove prospettive, nuovi orizzonti”.

“E di coraggio bisogna averne tanto per affermare che l’Italia  –  riconosce l’agenzia episcopale – deve ripartire dalla scuola. Il fiorentino Renzi non può non ricordare la lezione di Giorgio La Pira e di don Lorenzo Milani, ma non si fa scudo delle loro parole e delle loro figure tanto care al mondo cattolico. Lui parla di scuola e poi anche di cultura, come necessità per un Paese moderno che vuole giocare la propria partita in Europa e nel mondo. Da protagonista perché, sono parole sue, “i valori della cultura fanno di noi una superpotenza mondiale”. Tornare dunque a investire sulla scuola, anche nelle mura che ospitano i nostri figli e nipoti, “è un segno inequivocabile”. “Abbiamo ancora impresse nel cuore e nella mente le parole severe pronunciate in proposito da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana: “La scuola non può essere il bancomat da cui, attraverso i tagli, attingere il denaro da sprecare in altre direzioni”. Certo, basta con l’Italia degli sprechi perché ogni euro speso male o sprecato è un atto di ingiustizia verso i più poveri e deboli fra noi.

Nell’editoriale, il Sir ricorda pure che Renzi, oltre alla scuola, si è impegnato a portare avanti una lunga serie di riforme (dalla legge elettorale alla revisione del Titolo V, dalla giustizia civile alla riduzione in doppia cifra del cuneo fiscale, dal rinnovamento dei dirigenti dello Stato alla creazione di un fisco non più ostile ma “consulente dei cittadini”, dallo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese). Ma, nota il Sir, “Renzi non indica per ora dove conta di recuperare le risorse necessarie, calcolabili in decine di miliardi di euro, per mettere in campo le riforme economiche. Di questo certamente sapremo di più nei giorni a venire. E su questo versante fanno bene le opposizioni a incalzarlo senza fargli sconti. Soprattutto perché nessun governante responsabile può pensare di sottrarsi alla responsabilità di non accumulare altro debito pubblico, anzi di dover fare un’azione lungimirante per ridurlo. In tutta questa operazione non basterà la buona volontà del governo, ma conteranno molto le condizioni esterne e le aperture di credito in Europa che il governo saprà conquistarsi”. “Sarebbe un errore  –  conclude il Sir – pensare che tutto questo sia frutto dell’ingenuità di un quasi quarantenne. No, Renzi è figlio del suo tempo: ha lasciato in soffitta le ideologie per tentare di risolvere i problemi armato solo dei suoi valori e della borsa “politica” degli attrezzi. Per queste ragioni può anche evocare, senza che l’aula reagisca, la questione dei diritti civili, per i quali chiede a tutti “lo sforzo di ascoltarsi”. Ecco, è già una buona cosa saper ascoltare. Il Paese sa parlare. Che ci sia un presidente del Consiglio che ha voglia di ascoltare senza pregiudizi, è un inizio incoraggiante”.