“È necessario indignarsi senza perdere la gentilezza”

 

Sergio Staino

“È necessario indignarsi senza perdere la gentilezza”

La lezione di San Francesco, l’insidia dei nuovi giacobini, l’anti-berlusconismo. Per il papà di “Bobo” la politica potrà salvarsi solo con i suoi “missionari”


SCANDICCI (Firenze) – Date retta a Bobo, non a Brecht. Si può essere gentili. Anzi si deve essere gentili, per fare qualcosa di sinistra. Sergio Staino non ha bisogno che gli reciti la citazione, la sa a memoria, e sospira: “Quanti danni ci hanno fatto quei versi: “Noi che volevamo preparare il terreno per la gentilezza / noi non potemmo essere gentili…”. Ma va’… E così, dispensati in partenza dall’essere gentili, abbiamo avuto Pol Pot…”.
I dolci colli fiorentini punteggianti d’ulivi sono di sinistra: indulgono alla gentilezza. Il disegnatore satirico più organicamente irrequieto della sinistra, il padre del personaggio disegnato che da trent’anni è il più amato dai militanti, lo intuisce più che guardarlo dalle finestre della sua casa sul poggio. Staino, a 73 anni, ormai vede pochissimo con gli occhi del corpo, per disegnare tuffa il naso nel grande luminoso touch screen “che mi ha salvato la vita”. Ma vede bene con gli occhi dell’anima.

Staino, la sinistra è un sentimento allora?
“Sinistra è una grande naturale sensibilità, una tendenza dell’animo umano. Sinistra è una disposizione mentale ed etica che viene prima della scelta politica, è la base, la condizione necessaria della politica. È un atteggiamento di fondamentale bontà verso l’uomo e il mondo, un intimo personale senso di bontà. Ogni altra considerazione viene di conseguenza. Per essere di sinistra devi essere luminoso nel modo in cui stai su questa terra”.

Fratello sole sorella luna…? Pensa a una sinistra francescana?
“Grande uomo di sinistra, San Francesco. Come padre Balducci, del resto. Averlo incontrato mi mise in crisi. Possiamo dividerci sulle cose da fare, ma chi è di sinistra lo vedi in faccia, don Gallo ad esempio, io mica ero del tutto d’accordo con lui, era un grillino, uno spericolato, ma era di sinistra sicuro, era uno con cui potevi discutere, litigare, abbracciarti”.

Non ci vuole anche un po’ di critica dello stato di cose presente?
“Non è la prima cosa. Chi ne fa la prima cosa finisce per uscire di strada. La ricerca della giustizia condotta senza bontà l’abbiamo già vista, purtroppo, nella storia della sinistra. Quanti inquisitori “giusti” e spietati, quanti Saint-Just… Non è di sinistra essere l’accusatore pubblico che parla solo con gli atti giudiziari, l’implacabile che considera qualsiasi cosa capiti sotto la sua lama come un nemico personale da distruggere”.

Non bisogna avere nemici?
“Non bisogna essere ossessionati dal nemico. “Alle Cascine un albero t’aspetta”, si cantava una volta nei movimenti che frequentai pure io. Finiva che il tuo obiettivo era più che altro costruire una forca. Se mitizzi il cinismo, quel che ti resta è integralismo. E poi perdi. Quando l’unico elemento che ti fa sentire un uomo di sinistra è distruggere Berlusconi o mandarlo in galera, allora mi preoccupo assai. E penso sia chiaro a tutti come la penso io su Berlusconi”.

Bisogna essere più gentili con Berlusconi?
“Non ho mica detto indifferenti o ingenui. Il buono si indigna, s’arrabbia di fronte a quel che non è buono. E allora certo che gli avversari li trovi. Ma questo accade dopo, quando arrivi all’azione politica. Lì non ti basta più essere “di sitanistra”, perché ti viene chiesto di fare. Allora ti serve un altro aggettivo, più specifico, l’aggettivo della prassi. Il mio aggettivo della prassi, si sa, per tanti anni è stato “comunista”. Ma quando ho capito a cosa aveva portato quella prassi, non mi sono più definito comunista. Questo dovrebbe chiarire la differenza fondamentale fra sentirsi di sinistra e fare politica, fra essere e appartenere”.

Ha trovato un nuovo aggettivo della prassi?
“Avrei scelto socialista, che è un “fare” meno compromesso dalla storia, ma in Italia socialista vuol dire Craxi e Cicchitto, e francamente come si fa… Allora, in attesa di qualcosa, io risalgo di un livello e rimango “di sinistra””.

Insomma un’identità provvisoria, da completare.
“Be’, sono in grande e nobile compagnia su quel piano, da papa Francesco a Mandela… Mentre lì non ci troverò mai il carrierista, il professionista della politica, lo stalinista, il terrorista: nessuno di questi ha un atteggiamento luminoso verso il mondo. Il criterio è molto chiaro”.

Non ci sono brave persone di destra?
“Eccome, ne conosco tante, generose, piene di valori. Sono di destra perché non hanno ancora capito cosa ci stanno a fare con la destra “.

Pare invece che essere di sinistra oggi sia adeguarsi a un piccolo manuale di istruzioni pratiche: pagare le tasse, fare la raccolta differenziata… Non potendo cambiare il mondo, ci si accontenta di cambiare pattumiera?
“Che c’è di male? Chi fa la differenzia- va bene anche lui, dimostra attenzione al mondo, sincerità e apertura. Se a questa disponibilità però non offri uno strumento per fare, non succederà mai nulla, e allora la sensibilità resta nascosta e inutile. E alla fine la crisi ti intristisce e ti distrugge”.

Ma è sicuro che basterebbe uno strumento buono per rimettere in piedi la sinistra? Non è andato in crisi il concetto stesso?
“Questa cosa del “né di destra né di sinistra” è vera, ma riguarda i partiti, ormai non si capisce più da che parte stanno, ci si può alleare con chiunque… Ma non riguarda le persone. La maggioranza degli italiani è di sinistra, non è vero che “la gente è di destra”, è la scusa della politica incapace per giustificare i propri fallimenti. Io sono ottimista, siamo seduti su una cassa d’oro, c’è un tesoro di volontà, se solo si potesse organizzarlo…”.

Ha nostalgia del partito?
“Questo è il problema, la politica è diventata un mostro che beve il sangue che lo dovrebbe far vivere. Non ho nostalgia di quel partito, ma di un partito c’è bisogno. I partiti di adesso sono professioni istituzionali, percorsi di carriera…”.

La casta…
“Chi sta in un partito dovrebbe sapere che si impegna per una cosa perché ci tiene a fare quella cosa, che fa il sindaco per fare il sindaco e non per diventare appena può consigliere regionale, deputato e ministro, anzi bisognerebbe proprio impedire per regola, vietare esplicitamente la carriera nei partiti”.

In quel caso, non vedo la fila davanti alle sezioni di partito…
“Ma perché? Ma chi l’ha detto? I missionari esistono e non sono dei santi o degli asceti. Sono persone che hanno a cuore la terra madre, che vedono un orizzonte planetario, che tengono al bene comune. Sono quelli che non credono che la rivoluzione sia prendersi le fabbriche del padrone per produrre le stesse cose che faceva lui… Il socialismo non può essere “il capitalismo gestito da noi” come pensavano i compagni emiliani… “.

Anche a Bobo oggi basta questa definizionedi sinistra?
“Bobo ha fatto una cosa molto di sinistra, ha liberato l’autoironia del militante dalla gabbia plumbea che accompagnava la parola “comunismo”. Quell’autoironia c’era già, ed era più forte di quel che pensassi io stesso, Tango travolse i dirigenti perché piaceva ai militanti, e Bobo ha avuto una fortuna e una longevità che non mi sarei mai aspettato. Se la sinistra in Italia ha resistito alle macerie del Muro di Berlino, è anche un po’ merito suo”.

Forse è stato un grande consolatore…
“Forse, ma non si è adeguato mai, e non s’è rassegnato mai”.

L’ha fatto impiccare per disperazione, e poi l’ha resuscitato, come Collodi con Pinocchio, il burattino che aspettava la sua rivoluzione, cioè diventare un bambino vero. Cosa sta aspettando Bobo?
“Forse un partito che dica: non voglio i voti della paura e della rabbia, voglio i voti della bontà e della gentilezza. Sono un po’ un prete, dice?”.